Perché le nuvole sono segno del movimento e del fluire.
Nuvole che sono parte del ciclo dell’acqua, quel ciclo che impariamo a scuola e ha una parte sotterranea che a volte gli speleologi portano alla luce.
Nuvole come i partecipanti all’incontro che si ritrovano per poi disperdersi.
Nuvole come le parole dei fumetti o i racconti delle ricerche e dell’esplorazione. Come il tempo che trascorre, le forme che ingannano, l’impersistenza della memoria. “Le nuvole” di Aristofane erano metafora di scherno, ma il tempo ci ha detto che celavano saggezza. Nebbia ’93 aveva nel logo l’immagine di uno speleo con la testa in una nuvola e per testo “Dove l’occhio non vede guarda con la fantasia!”. Idealmente, dopo un quarto di secolo, si torna al senso profondo degli incontri, si recuperano la curiosità e l’immaginario che sono al centro della stessa speleologia.
Rispetto a 25 anni fa abbiamo un accesso veloce e immediato all’informazione, alla cronaca speleologica. Sappiamo molto di quello che troveremo nel palinsesto di un incontro, ma abbiamo la sempre rinnovata sorpresa del ritrovarsi. A Casola2018 si manifesteranno ragioni più profonde per la narrazione, la condivisione dei dati, per l’azione che viene restituita e diventa memoria. Poi ci sarà lo stupore, la capacità di combinare le possibilità esistenti per creare attenzione, coinvolgere in modi non banali. Sarà un incrocio, un porto, un approdo. Qui si farà il punto su quanto accade e sulla comunicazione in questo tempo veloce, sugli strumenti che ci permettono di mostrare creativamente il mondo sotterraneo e sulle mappe che cristallizzano i percorsi o li indicano. Parleremo anche del senso della nostra passione, lo faremo fuori dal programma, magari allo Speleobar, pensando a vuoti futuri o ricordando esplorazioni e persone. Avere la testa tra le nuvole ci permetterà di vedere oltre gli usuali confini…